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发表于 2011-11-18 00:21:18
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本帖最后由 aiqianglin 于 2011-11-18 00:32 编辑
这个,没多大价值的东西,抱歉
不过我知道个网站,说的非常详细,如果你看的懂意大利语的话,
http://it.wikipedia.org/wiki/Romeo_e_Giulietta
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Commento [modifica]
Romeo e Giulietta, tragedia della fortuna [modifica]Destino e libero arbitrio nel medioevo [modifica]Romeo e Giulietta è ancora in gran parte un dramma medievale, ancorché di argomento profano: molte di queste opere, raccontate anche in novelle parlavano dell'ascesa di re, principi e imperatori e della loro caduta per opera del fato. Lo stesso valga per le versioni più romantiche di questi racconti a fine edificante, quasi sempre storie di amanti infelici. In generale nel medioevo i difetti personali e l'autodeterminazione non avevano alcun potere nelle vicende degli uomini, regolate solo da una provvidenza spesso crudele e imperscrutabile, controparte letteraria dei vari memento mori custoditi nelle dimore medievali, dai macabri ritratti della morte ricoperta da un manto nero con una falce in mano a varie statuette sullo stesso tema.
Il Dio cristiano dei predicatori medievali è tanto imperscrutabile nel suo operato quanto terribile e severo, e così lo ritraggono alcuni tra i più grandi predicatori, da Bonvesin de la Riva a Girolamo Savonarola. L'individuo quale noi intendiamo oggi è una creazione moderna: ogni persona era considerata non in sé ma in quanto parte della comunità da cui dipendeva e a cui tutto doveva. In confronto alle epoche successive, ben poche sono le opere firmate nel medioevo, che ignorava il diritto d'autore. La mancanza della centralità dell'individuo sia a livello terreno che escatologico è probabilmente responsabile dello scarso affidamento che fa la cultura medievale sulla possibilità della volontà umana di cambiare i destini del mondo. Tanto per citare un celeberrimo passo della Divina Commedia, in cui Dante chiede a Virgilio cosa sia la fortuna:
La ruota della fortuna in De casis viris illustribus di Giovanni Boccaccio
La caduta di questi personaggi era un monito alla vanità degli uomini che si occupano troppo dei beni terreni perdendo di vista Dio, unica fonte di salvezza. Shakespeare fa un passo avanti in questo senso, introducendo nei personaggi del dramma dei difetti personali (l'avventatezza degli amanti, la passione sanguinaria per il duello di Mercuzio e Tebaldo, ecc.) ma lasciando nell'ambiguità se essi incidano fatalmente sull'esito della storia.
Interpretazioni recenti [modifica]Alcuni contestano il fatto che la fine di Romeo e Giulietta non accada per le loro debolezze ma sia soltanto il frutto di azioni di terzi o incidenti. Al contrario delle altri grandi tragedie, "Romeo e Giulietta" è più una tragedia di contrattempi e di destino beffardo. Tuttavia, altri considerano l'avventatezza e la giovinezza di Romeo e Giulietta la causa della loro morte.
L'intromissione di Romeo nel duello tra Mercuzio e Tebaldo è a fin di bene, per separarli, ma produce ironicamente la morte di Mercuzio, mentre la lettera non è recapitata a Romeo solo per colpa della peste. Infine, se solo fosse arrivato un istante dopo al cimitero dei Capuleti, Romeo avrebbe potuto sincerarsi della salute di Giulietta buttando alle ortiche la sua fiala di veleno. Che la responsabilità personale potrebbe se esercitata al meglio solo posporre il tragico destino degli amanti pare trasparire dalle numerose allusioni scespiriane, in cui si parla dell'influsso nefasto delle stelle, del timore di terremoti improvvisi e di folgori a ciel sereno. Al di là di questo quadro generale, i critici hanno formulato osservazioni non sempre concordi.
Secondo M. Garber, ad esempio, «le cause della tragedia hanno origine in quegli stessi che ne soffrono le conseguenze». Secondo questa interpretazione, il dramma sarebbe da iscrivere tra i morality plays, e la conclusione tragica sarebbe un monito per chi voglia seguire i propri desideri istintivi senza mediazioni e pazienza. J.W. Draper, sottolineando il fato avverso che guida i destini dei protagonisti, dipinge Romeo e Giulietta come «marionette» in balìa delle stelle, incapaci di contrastare ciò che è già determinato a priori. Tra queste posizioni ci sono molte sfumature, tra chi sostiene la presenza in Shakespeare di una dose di responsabilità individuale nel destino degli eroi tragici, che emergerà meglio nei drammi più maturi (G.I. Duthie) e chi riduce la vicenda a tragedia della sfortuna, trasformando il fato in puro evento casuale. (T.J. Spencer).
Stile [modifica]Tragedia o tragicommedia? [modifica]Dal punto di vista stilistico, le opinioni non sono meno contrapposte. Romeo e Giulietta è uno dei primi lavori di Shakespeare. Classificato come una tragedia, non ha le caratteristiche delle successive 'grandi tragedie' come Amleto e Macbeth.
Baldini afferma come il Romeo e Giulietta sia «... un esperimento fallito, ché i vari moduli - eufuistico, fiammingo, senechiano, e, infine, realistico - non pervengono ad armonizzarsi tra loro, ma restano vistosamente isolati...», mentre Granville-Barker definisce facilmente l'opera come tragedia lirica.
Benedetto Croce definì il dramma «tragedia d'una commedia», Wain «commedia che si conclude tragicamente» e Northrop Frye una «commedia rovesciata».
La struttura drammaturgica di Romeo e Giulietta è in effetti una via di mezzo tra una commedia (trae molto materiale dai Due gentiluomini di Verona) e una tragedia. Il sacrificio dei due amanti, al di là dell'evento tragico, ha delle ricadute positive. Sebbene al prezzo delle vite dei due giovani amanti, una faida ormai antica cessa per sempre, permettendo così di evitare ulteriori scontri che avrebbero portato ad altri morti e altro dolore. D'ora in poi, capiamo che Verona godrà di una lunga pace e che le due famiglie hanno suggellato una duratura amicizia.
Immagini e simbolismo [modifica]L'uso del contrasto tra luce ed ombra anima incessantemente le vicende di Romeo e Giulietta. Normalmente questa dinamica è percepita come contrasto tra vita e morte, amore e guerra, ma qui il rapporto si ribalta, perché se le faide tra Capuleti e Montecchi avvengono alla luce del sole, il contratto amoroso dei due amanti è suggellato prima ancora che dal matrimonio, dall'"incostante luna", sotto la quale Romeo implora la sua amante. Prima ancora della scena del balcone, alla festa dei Capuleti in cui la prima volta Romeo vede Giulietta afferma che
Più tardi, spiando Giulietta affacciata al balcone dopo essersi introdotto nel giardino dei Capuleti, giura che i suoi occhi catturano "two of the fairest stars in all the heaven", cioè "due delle stelle più belle del firmamento" (II,ii, 15). Con questi confronti Romeo sfida la bellezza di Proserpina, divinità della notte, umiliandola davanti a alla sua amante, e dal fato, che regge il destino di questi "star-cross'd lovers" sarà punito con la sua amata con la notte eterna.
Tanti sono i sinistri presagi che sembrano anticipare poco a poco la tragedia finale e che Giulietta cerca di esorcizzare attraverso l'atto del matrimonio, che dovrebbe garantire la protezione degli sposi dalle potenze degli inferi (annoverate dalla tradizione medievale tra le divinità infernali) che incombono pesantemente sulla loro vicenda.
e molto più tardi, raggiunta l'amata nella cripta:
Il riferimento alla folgore amorosa si avvera drammaticamente nella cripta di Giulietta, quando Romeo ne ammira la bellezza prima di porre fine alla sua vita.
L'amore stesso tra i due amanti è un ossimoro, un paradosso vivente che nell'impossibilità di essere risolto vince la morte stessa, ed è proprio la morte che dà vita e illumina la notte nell'estasi più grande provata da Romeo alla vista dell'amata. Ciò che il giorno aveva negato ai due amanti, dal riconoscimento della loro unione alla celebrazione di un matrimonio è alla fine concesso nella cripta, la chiesa sul cui altare trionfa l'amore più profondo, che contagia finalmente anche le loro famiglie.
L'opera, così ricca di ossimori, è in fondo essa stessa concepita in questa visione in cui i ruoli di luce e tenebre si scambiano continuamente. Il giorno assume la connotazione negativa del tempo ordinario, quello che sancisce i riti della vita sociale borghese e delle sue regole, dalle faide tra i servi alla comparsa di Paride che, promesso in sposo a Giulietta dal vecchio Capuleti, precipita gravemente la situazione dei due amanti.
Il giorno anche è il trionfo della ragione economica e degli interessi pratici (l'amore inteso come matrimonio di convenienza), dell'ordine politico che pure è pervertito per garantire unicamente gli interessi materiali dei Capuleti e dei Montecchi anche sfidando il monito di Escalo, principe di Verona, con l'uccisione del suo caro amico e parente Mercuzio. Garante di quest'ordine negativo è Marte, dio della guerra e di quel falso senso di onore che infiamma le due famiglie spargendo di sangue le strade della 'bella Verona'.
La concezione dell'amore di questa società è puramente terreno, anche se ufficialmente negato, rivelato nella sua crudezza solo dalle battute erotiche di Mercuzio alle oscenità popolane della balia. Il discorso della regina Mab è una presa in giro all'amore, e Mercuzio stesso sarà punito da Venere dalle stesse fate ed elfi da lui evocati con sarcasmo. Mercuzio non conoscerà l'amore e solo l'amore tra Romeo e Giulietta, protetti da Venere, riuscirà, pur a caro prezzo, a trascendere l'erotismo senza negarlo, sublimandolo in un sentimento più alto, perfetto nell'eternità, eterno come quest'opera che ha acquistato ormai un valore universale.
Uso del metro poetico [modifica]Come tutte le tragedie di Shakespeare, Romeo e Giulietta è scritto in versi, anche se qui non è il pentametro giambico a prevalere, ma il verso rimato, specialmente il sonetto, utilizzato ad esempio nel prologo dal coro (I,i, vv.1-14), o nel dialogo fra Giulietta e Romeo nella scena in cui si incontrano per la prima volta:
Questo sonetto (a cui si aggiunge una quartina conclusiva) raffigura Romeo come un pellegrino che arrossisce (palmer) e che prega su un'immagine della Madonna, come facevano molte persone nella prima metà del XVI secolo in Inghilterra nei santuari come quello di Nostra Signora di Walsingham.[6] Per il suo uso abbondante delle rime, il ricercato linguaggio dell'amor cortese che si accompagna ad un ricco repertorio eufuistico pieno di manierismi, per la prevalenza del carattere patetico su quello tragico, ma anche per alcune inconsistenze della trama, Romeo e Giulietta è considerato facente parte del 'periodo lirico' di Shakespeare, a fianco di altri drammi poetici come I due gentiluomini di Verona, la La commedia degli errori e Sogno di una notte di mezza estate e Riccardo II.
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