Il mercato inondato di migliaia di scarpe vendute da aziende della Riviera del Brenta ma di fatto in parte o totalmente realizzate nei laboratori clandestini cinesi del comprensorio. A fare questa denuncia, chiedendo all’Acrib di accelerare l’attuazione del marchio di certificazione della calzatura “Made in Venezia – Made in Riviera del Brenta”, è il segretario provinciale della Filctem Cgil Riccardo Colletti. «Al numero verde che abbiamo istituito mesi fa per segnalare il fenomeno della delocalizzazione in casa», spiega, «in questi mesi estivi abbiamo ricevuto 22 segnalazioni da parte di dipendenti di aziende rivierasche. Dipendenti che si sono visti arrivare da laboratori cinesi suole e tacchi finiti già pronti per essere assemblati alla scarpa. Questa denuncia indica che il fenomeno dell’utilizzo dei laboratori clandestini cinesi per abbattere il costo del lavoro è ben lontano dall’essere debellato. Ovviamente come Cgil gireremo queste segnalazioni alla magistratura e alle forze dell’ordine. Questo fenomeno va stroncato alla vigilia delle grandi fiere della calzatura come quella autunnale di Düsseldorf in Germania».
I casi segnalati riguardano aziende di Stra, Fiesso, Fossò e Vigonovo. Per Colletti e la Filctem il rischio di un rigetto del prodotto italiano e made in riviera è grande: «Perché un compratore estero che crede nel prodotto calzaturiero italiano e della Riviera in particolare dovrebbe continuare a comprare sapendo che c’è il rischio che compra made in China?». Colletti punta il dito anche sull’Acrib: «Siamo arrivati alla vigilia delle grandi mostre della calzatura nel totale immobilismo, dopo che l’Acrib in maggio aveva annunciato l’accordo per la realizzazione del marchio certificato “Made in Riviera”. Ad ora non si è ancora individuato l’ente certificatore, cosa si aspetta? Che vengano prodotte a iosa scarpe dai laboratori cinesi dove non si rispetta alcuna regola, poi spacciate made in Riviera»?
Il comparto della calzatura in Riviera è un importantissimo polmone economico. La produzione e fatturato si sono confermate nell’ultimo decennio, attestandosi a 20 milioni di paia di scarpe e 1,65 miliardi di euro con un export del 91%. Il rischio di nuovi colpi all’immagine dei prodotti è davvero grande.