Pescheria e fabbriche di grucce vittime del racket, arrestate due bande cinesi. Un estorsore si ferisce con il fucile durante il raid
Dieci cittadini cinesi, appartenenti a due diverse bande, sono stati arrestati dai carabinieri per vari episodi di estorsione, commessi con modalità definite dagli inquirenti “paramafiose”. Il primo gruppo – accusato anche di rapina, lesione e minacce – aveva preso di mira una pescheria di via Filzi, pretendendo che i titolari cambiassero il fornitore di prodotti ittici e acquistassero i granchi a nero e a un prezzo superiore di un euro e mezzo al chilo rispetto a quello di mercato. Al termine di una serie di aggressioni verbali e fisiche, danneggiamenti e furti all’interno del negozio, le vittime, nel giugno scorso si sono rivolte ai carabinieri. I cinque orientali da tempo avevano messo in piedi anche un giro di estorsioni ai danni di tutte e dodici le fabbriche orientali di grucce esistenti a Prato. In questo caso gli imprenditori erano stati obbligati a vendere la merce ad un prezzo superiore a quello di mercato, per poter assicurare un illecito guadagno alla banda, che arrivava ad intascare fino a 40 mila euro al mese. Durante un’azione dimostrativa in una fabbrica di grucce di via dei Fossi, lo scorso 17 giugno, quattro componenti della banda si erano presentati armati di fucile (nella foto tratta dalle immagini di videosorveglianza, l’arma nascosta in un sacchetto) ed avevano esploso un colpo che aveva colpito accidentalmente uno di loro. In quell’occasione i carabinieri avevano arrestato già tre membri del gruppo criminale, tra cui il ferito (nella foto in galleria, mentre tenta la fuga sorretto da un complice). Gli altri due sono stati arrestati al termine delle indagini, assieme ai 5 componenti di un’altra banda, che lo scorso 27 giugno, dopo reiterate richieste estorsive, avevano fatto irruzione in un pronto moda esigendo dal titolare 20 mila euro. Le indagini proseguono per verificare se i due gruppi di estorsori, di età compresa tra i 25 e i 40 anni, si muovevano sotto un’unica regia. Sicuramente avevano precedenti, anche specifici per estorsione, e giravano forti di una imponente capacità intimidatoria, vantando amicizie con criminali di spessore, particolarmente temuti nella comunità orientale, che avrebbero potuto intervenire, in caso di dinieghi al pagamento del pizzo, per mettere in atto ritorsioni ai danni di familiari.
La magistratura pratese ha comunque ritenuto le due bande appartenenti a criminalità comune e non ad associazioni mafiose. “Per poter parlare di mafia occorrono condizioni di completo assoggettamento psicologico delle vittime e l’omertà – ha spiegato il procuratore capo di Prato Piero Tony -. Qui per fortuna abbiamo tutto tranne assoggettamento e omertà, se è vero che le vittime hanno denunciato e hanno collaborato alle indagini”. No comment da parte degli inquirenti su possibili collegamenti dell’indagine con gli incendi dolosi che negli ultimi mesi hanno distrutto quattro pronto moda cinesi.
Dario Zona
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