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LA STAMPA报2014年2月2日都灵消息,新闻报道介绍了都灵有两千多家华人企业登记在册,而在SETTIMO有几乎一半的批发商是华人。最早来到都灵的华人是 Tcheon Fungsing,于1930年经过无尽的冒险独自一人来到当地,由于是异族(外星人),不得已转换成基督徒跟他爱的意大利人结婚,并于1945年创建了一家于他同名的企业经营理发刮胡须的商品从香皂到刷子都有。现在这家公司由其孙女(外孙女)Paola Barile经营,她是个高个的金发女郎:“受够了偏见,我们公司有70年历史了,一家皮尔蒙特大区卓越的企业,因为是华人就被歧视,每天我都得解释我不卖劣质产品。而且我为我的祖先充满自豪。 、、、、、、【全文较长,暂时就原封不动的照搬了,哪位高手能协助翻译完的话感激不尽。】 ---意大利华人街网站alexzou编译
【新闻版权归原网站所有,转帖请注明出处,转载翻译只供分享,如有出入请只看原意大利文】
CRONACA
02/02/2014
Duemila aziende
nella Chinatown
di Torino
Non solo ristoranti e sale massaggi
A Settimo la metà dei grossisti è cinese
Il primo cinese arrivato a Torino, Tcheon Fungsing, nel 1930
LETIZIA TORTELLO
«Basta con i pregiudizi. La mia azienda ha 70 anni, è un’eccellenza piemontese, discriminata solo perché cinese. Ogni giorno mi devo difendere, spiegando che non vendo prodotti di bassa qualità. Eppure sono orgogliosa delle mie radici». Paola Barile è alta, bionda, accento «turineis». E’ proprietaria di un’azienda in strada del Cascinotto, dalle radici orientali: suo nonno, Tcheon Fungsing, è stato il primo cinese a mettere piede nella nostra città, nel 1930. Dopo peripezie inenarrabili, è arrivato solo, un alieno. Costretto a convertirsi al cristianesimo per sposare il suo amore italiano. Correva l’anno 1945, quando questo intraprendente piccolo imprenditore fondava l’azienda omonima: la Tcheon Fung Sing, made in Italy, che ieri come oggi vende in tutto il mondo prodotti per barberia, dai saponi ai pennelli.
La storia
E’ una delle 2.092 aziende cinesi rilevate dalla Camera di Commercio, in Torino e Provincia. Negli ultimi due anni, il business in città è cresciuto a passi da gigante, a colpi del 6% ogni dodici mesi. Le attività si moltiplicano, a ogni angolo e in tutti i quartieri: non esiste una Chinatown. Conquistano fette di mercato finora sconosciute: le ultime frontiere sono i grandi supermercati, da 800-1.500 metri quadri. Il piccolo negozietto in periferia ha fatto il suo tempo. Ma si stanno espandendo anche le finanziarie, gli studi professionali di avvocati e commercialisti, i bar tabacchi, mentre in calo sono parrucchieri, centri massaggi e ristoranti. I cinesi detengono ormai il monopolio del commercio all’ingrosso che rifornisce mercati e negozi. C’è chi mette in discussione la qualità dei tessuti e dei prodotti venduti: «Il cinese, di suo, si adatta alle richieste – continua Paola Barile –. E offre al mercato italiano ciò che questo richiede: prodotti a poco prezzo, dunque di più basso livello».
L’avanzata
Pechino si compra la Torino in crisi. La «Metro» del tessile, la Città Commerciale di Settimo, «mecca» di gestori di negozi e banchi al mercato che acquistano all’ingrosso, è un colpo d’occhio significativo dell’avanzata silenziosa: il 50% di questa cittadella di grossisti ha insegne cinesi. Da due anni, gli italiani sono stati sostituiti. Dentro i negozi, gli abiti in stock sono «Made in Italy», in qualcuno compare la scritta «Confezionato a Prato-IT». «Dieci maglie, 100 euro», dicono in uno dei negozi di Città Commerciale. Ma il prezzo è ancora trattabile. «La popolazione cinese sa che dove c’è crisi ci sono migliori opportunità – spiega Chen Ming, presidente dell’Associazione Nuova Generazione Italo-Cinese –. Abbiamo cominciato con i ristoranti. Oggi, i business vanno nella direzione dei grandi supermercati, per soddisfare grandi tipologie di consumatori». A Torino, l’ultimo arrivato è il negozio di corso Giulio Cesare 31/I, di fianco al ristorante Imperial, uno dei più chic. «Un settore che andrà crescendo sono le sartorie express», continua Chen. Una trentina, solo nell’ultimo anno. Gestite, spesso, da ex sarti dei laboratori cinesi, che hanno deciso di lavorare alla luce del sole.
Lo «shopping da portare»
Un capitolo a parte sono gli universitari. Per lo più, figli di imprenditori e funzionari cinesi, benestanti di famiglia. Qualcuno, per arrotondare, ha messo in piedi un business originale: il «daigou», lo «shopping da portare». Un export dall’Italia alla Cina, tutt’altro che legale. E’ semplice: si apre il proprio blog on line, si propongono immagini di borse e vestiti griffati e costosi. Si acquistano su commissione capi che in Cina costa due o tre volte in più. Valigia piena, affari garantiti. Quando si dice «un lavoretto per mantenersi gli studi».
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