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本帖最后由 alexzou 于 2014-6-5 09:50 编辑
(文章较长,尽可能的把全部内容翻译出来吧)根据GAZZATTA DEL MANTOVA2014年6月2日/汉莎社2014年6月3日消息:一起不可思议的事件:一名女子无身份在PIEVE DI CORIANO(MANTOVA)住了5年,现在因无人肯负责出院程序,院方通过媒体向大家求助。事情是从2008年开始的,这女子,或许叫ZHENG,被于SAN GIACOMO发现的。当时是2008年的2月20日,118急救中心接到一个匿名电话。“有一个人生病了,马上来啊”。接着就挂电话了。当救护车来到San Giacomo delle Segnate发现这名女子情况很严重(处于绝望的条件下)。她中风很严重及颅内出血,在家里只有她在,没有身份证件,
救护车把她送到 PIEVE DI CORIANO急诊室救治,医生们稳定了她的情况后,并紧急送到维罗纳(VERONA)的神经外科。没有时间耽搁,需在生与死之间争分夺秒。但是,ZHENG,那时候大约在40岁左右,很坚强。坚持住了,被动完手术后移送到MANTOVA的神经内科住院接着到BOZZOLO的神经运动康复。看以来很普通的运作/途径,其实很不容易。医生们先是救治这女子的生命,然后才去了解她的身份,意图联系她的家人。由于没身份,并联系过领事馆,但是没确定,于是医生先不管,救活这名女子最重要。后来又给送回PIEVE DI CORIANO医院希望这边附近有她的亲属可以照顾她,那还是2009年的春季,但是回来的时候情况人依然很严重,呼吸多亏了气管切开术,用在气管的底部插入插管,并且总是通过在胃插管喂食。她的生命是用那些机器维持着的。
后来情况慢慢好转,由于没有人认识她,不知道她的身份,医院就‘收养’并一直照顾她,护士们和医护人员们从家里拿自己的衣物给她,跟她说话,照顾她,院方并一直通过各种方式联系她家人和找个解决方式。这家医院只有200个床位,需要正常的出院方式才能达到医疗的平衡和照顾到有需要的人。院方多年来联系过领事馆,红十字会,医疗部门等机构寻找解决方式未果,后来一个来医院看她的人留下一个号码,打过去是都灵的一名男子接的,自称叫什么卡洛杰罗,并说知道这女子在中国有一个儿子,且告知了那儿子的手机号。明显是一个偷渡系统的人,都知道内情。 在四年后终于迈出了找到她家人的第一部,院方通过一名翻译跟国内的儿子联系,对方感谢医院对其母亲的救助和和治疗,并称没有把母亲接回国和后续所需的治疗的钱。 院方又联系了中国的领事机构,于上星期回复称,跟国内的她儿子联系过了,或许那个地方没有合适的医疗机构能负责这女子的后续治疗,以及安全出院和运回国的一系列程序没有资金,领事馆不付这些钱是由家属负责的。
因此医院方面发出呼吁,希望所有机构,志愿组织,人道主义机构等能帮忙让这病人能安全的出院。
----意大利华人街网站alexzou编译【注:貌似由于意大利医疗服务对于户籍在当地的居民(有医疗卡)才能减免,像这种情况本应由当事人及亲属或者所属国家的大使馆或领事机构负责医疗费用,而院方曾意图让这名病人登记到当地COMUNE的户籍,这样使得当地政府要面临数万的医疗费要报销,所以也不愿意、、、】
【新闻版权归原网站所有,转帖请注明出处,转载翻译只供分享,如有出入请只看原意大利文】
【Notizie appartiene al sito notiziorio d’origine , per riproduzione si prega di indicare la fonte d‘origine. Traduzione solo per la condivisione , se diverso, si prega di guardare testo l’originale in italiano】
Curata e abbandonata per 5 anni
in ospedale: non ha un'identità
Una vicenda che ha dell'incredibile: una donna senza identità si trova da più di cinque anni in ospedale a Pieve di Coriano dove fu ricoverata nel 2008 dopo essere stata trovata agonizzante a San Giacomo. Non aveva documenti. Forse è una cinese abbandonata dai connazionali. E' sulla quarantina, Oggi può essere dimessa ma non avendo ancora una identità dovrebbe essere il Comune di Pieve a farsi carico per sempre delle cure MANTOVA. Non si può vederla né disturbarla. Accetta solo la vista di persone che riconosce ed eventi forti potrebbero creare scompensi al suo delicato equilibrio. Da più di cinque anni una persona che forse si chiama Zheng, un nome come milioni in Cina, vive senza una identità certa, adottata ormai dall’ospedale di Pieve di Coriano. Un rifugio diventato una casa, lontana migliaia di chilometri dai campi di riso del suo villaggio di origine, ma dove ha ritrovato cure ed affetti dati da persone che non la conoscono, ma che per lei hanno valicato anche la professionalità per raggiungere un difficile traguardo: l’umanità.Tutto inizia nel 2008. È un giorno freddo il 20 febbraio. Al centralino del 118 di Mantova arriva una telefonata anonima. «C’è una persona che sta male, venite subito». Poi la voce riaggancia. Quando l’ambulanza arriva a San Giacomo delle Segnate trova una donna in condizioni disperate. Ha un ictus molto grave ed una vasta emorragia cerebrale, in casa c’è solo lei, senza documenti. L’ambulanza corre al pronto soccorso di Pieve di Coriano, i medici stabilizzano la situazione, poi via ancora di corsa alla neurochirurgia di Verona. Non c’è tempo da perdere, i minuti corrono preziosi nel confine tra la vita e la morte. Ma Zheng, che allora ha circa 40 anni, è forte. Resiste, viene operata e poi trasferita in Neurologia a Mantova e da qui alla Riabilitazione neuromotoria di Bozzolo. Sembra un percorso normale, ma non è così.I medici pensano per prima cosa a salvare la vita della donna, ma in un secondo tempo devono capire chi è, anche per avvertire i familiari. Zheng però è in coma, non parla. Quella persona potrebbe essere cinese, e per questo si avvisano le autorità consolari, ma non c’è certezza. Ma in questa fase non importa. La cosa essenziale per adesso è curarla. E così viene fatto.Zheng ha però una ricaduta e viene trasportata alla medicina d’urgenza di Mantova. Da qui viene trasferita alla Riabilitazione specialistica di Pieve, pensando che lì vicino possa avere parenti o conoscenti. Quando entra, nella primavera del 2009, è in situazioni ancora gravissime. Respira grazie alla tracheotomia, con una cannula inserita alla base della trachea ed è alimentata sempre attraverso cannule che si infilano nello stomaco. La sua vita è legata a quelle macchine, ma qui avviene il primo miracolo.Il nosocomio è diretto da Renato Schiavello, un dirigente medico che crede “nell’ospedale aperto” che oltre a curare, diventa un presidio di salute per il territorio. Il direttore della Riabilitazione specialistica è Giovanni Arioli, che si occupa delle persone con disabilità motorie per permettere loro di raggiungere il miglior livello di indipendenza e di integrazione sociale possibile. E l’ospedale ha 200 posti letto, una dimensione “giusta” per raggiungere l’equilibrio tra offerta medica e attenzione alla persona. Il che significa operatori, infermieri, ausiliari capaci di metterci il cuore, oltre che la professione. Un mix benefico che pian piano sortisce i suoi effetti.Nessuno sa chi è Zheng, ma qui diventa una persona da curare, non un numero in una stanza. Così, giorno dopo giorno, il reparto la assiste e la cura. Gli infermieri le portano da casa i loro vestiti, le parlano. I medici non smettono neanche un giorno di curarla, anche se sembra una sfida impossibile. La direzione sanitaria coordina e favorisce tutto questo. E l’ospedale la “adotta”.E così Zheng, pian piano, inizia a riprendersi. Giorno dopo giorno, miglioramento dopo miglioramento. Il tempo passa. Un anno, due anni, tre. Senza farsi domande, senza chiedersi se vale la pena, l’ospedale pian piano fa rivivere questa donna che oggi, pur essendo paralizzata, si alimenta da sola, va in carrozzina. E capisce tutto attorno a lei. «Di fatto la donna era stata abbandonata – spiega il direttore sanitario, il dottor Schiavello –. A distanza di anni non c’è ancora certezza ufficiale sulla sua identità. Qualche connazionale ogni tanto veniva a trovarla. Ma si trattava di eventi sporadici, e di persone che non parlavano italiano. Inoltre dove era stata trovata non c’era più nessuno, erano tutti spariti».Quando un anno fa le condizioni di salute della donna sembrano ormai stabilizzate, la direzione sanitaria affronta la fase due in previsione di una possibile dimissione. «Questo è un ospedale per acuti, non per malati cronici – prosegue Schiavello – ma la complessa situazione aveva richiesto sino a quel momento, d’accordo con la direzione di Mantova, di trattenerla da noi per proseguire le necessarie cure».Si battono diverse soluzioni per trovare un luogo dove poter mettere la donna, una volta dimessa dalla Riabilitazione. «Abbiamo messo attorno a un tavolo diversi soggetti: i sindaci di Pieve e San Giacomo, l’Asl, la Croce Rossa» spiega il direttore. Il percorso normale prevede che con l’identificazione venga attribuita la residenza nel Comune dove ha sede l’ospedale. Ma se Zengh esce dal nosocomio, chi pagherà la retta della degenza? I sindaci hanno manifestato più di una perplessità, con i bilanci risicati che potrebbero sballare per questa situazione imprevista. L’Asl ha spiegato di non poter intervenire in questa particolare situazione. La Croce Rossa, che si è messa in contatto con lo staff internazionale a Ginevra, conferma che la omologa struttura in Cina non può prendersi carico di un eventuale trasporto umanitario. E siamo di nuovo allo stallo.D’accordo con la direzione di Mantova, si opta quindi per tenere Zheng a Pieve. Nel frattempo anche la ricerca dei possibili congiunti non si ferma. E viene chiesto l’aiuto di un traduttore, visto che ora la donna qualche parola la dice. Ma l’interprete fatica lui stesso a capire, poiché Zengh proviene da una zona rurale e parla uno delle migliaia di dialetti cinesi. Alla fine, qualche mese fa, il secondo “miracolo”, un colpo di scena come la trama di un film.Una persona che viene a trovarla lascia in ospedale un numero di telefono. All’altro capo risponde un uomo di Torino, un certo Calogero, che dice di sapere che la donna ha un figlio in Cina e fornisce un numero di cellulare. È la rete clandestina cinese, che evidentemente da anni sapeva tutto, che ora compie la prima mossa. «Per noi dopo quattro anni di ricerche era il primo aggancio con un possibile famigliare – prosegue Schiavello –. Ci siamo messi in contatto con lui, attraverso l’interprete. Diceva di sapere che la madre era stata ricoverata in ospedale. Dopo alcune telefonate, ci ha inviato un commovente lettera nella quale ringraziava noi sanitari e l’Italia, per come era stata accudita la madre e manifestava l’intenzione di portarla a casa, in Cina».«Ci mettiamo in contatto con la struttura consolare cinese – spiega ancora Schiavello –. Che però la scorsa settimana ci risponde, in sostanza, di avere contattato a sua volta il figlio, ponendo dubbi sulla reale capacità di quella zona in Cina di fornire assistenza medica adeguata e soprattutto che il consolato non paga nulla e spetta eventualmente ai parenti organizzare il trasporto sanitario dall’Italia alla Cina».A questo punto la situazione è di nuovo in stallo. Ma Schiavello non ci sta e lancia un appello: «Io chiedo a tutte le istituzioni, alle associazioni di volontariato, a quelle umanitarie di aiutarci per trovare una soluzione. In modo che questa paziente possa essere dimessa, in tutta sicurezza».(Nella foto: Clara Ronconi, Renato Schiavello, Sondra Ghidini e Giovanni Arioli) 02 giugno 2014
Cinese 'dimenticata' in ospedale Mantova da cinque anniNessuno vuole pagare retta e spese di trasferimento in CinaAnche oggi nessuno è andato a trovare Zheng. E neppure si è fatto vivo qualcuno, né enti o associazioni, né canali diplomatici o cooperative di solidarietà. "Ma è giorno di festa... magari da domani", dicono speranzosi i sanitari dell'ospedale di Pieve di Coriano, da dove ieri è partito un appello affidato al quotidiano locale, la Gazzetta di Mantova, per una donna cinese quarantenne che da cinque anni è curata e assistita nella struttura cittadina, dimenticata dai familiari. Zheng, questo almeno pare il suo nome perchè la sua identità si è riusciti a ricostruire a fatica, ora sta un pò meglio e potrebbe essere dimessa.Solo che nessuno può, o vuole, sostenere le ingenti spese di dimissione e di rimpatrio. Renato Schiavello, direttore sanitario dell'ospedale di Pieve di Coriano, piccolo comune di un migliaio di abitanti ad una quarantina di chilometri da Mantova, si è messo in contatto con l'Asl, con la Croce Rossa e con il consolato cinese senza ottenere nulla. Per questo non gli è rimasta che l'ultima arma dell'appello per smuovere istituzioni e coscienze, dopo aver reso il caso di dominio pubblico. "Ho chiesto alle associazioni di volontariato e a quelle umanitarie, alle istituzioni di aiutarci a trovare una soluzione ma finora, però, nessuna risposta", spiega."Certo - osserva con amarezza - di aiuto esterno finora ne abbiamo trovato poco. Ci siamo rivolti ad un istituto religioso di suore ma la signora, essendo non autosufficiente, ha bisogno di essere accudita in tutto e per tutto. Ci siamo rivolti al consolato cinese ma anche qui non abbiamo ricevuto alcuna disponibilità".E così, l'ospedale continuerà, non si sa ancora per quanto tempo, ad occuparsi di Zheng, confidando nel buon cuore del personale medico e infermieristico. La storia risale indietro nel tempo. Tutto comincia nella primavera del 2009 quando la donna viene ritrovata incosciente in una casa di San Giacomo delle Segnate, sempre nel mantovano, colpita da un ictus. Quando arrivano i soccorritori avvertiti da una telefonata anonima, con lei non c'è nessuno; è priva di documenti e nemmeno il Comune riesce a fornire le generalità. Probabilmente è una clandestina. Dopo lunghe traversie, diversi ricoveri tra Verona e Mantova, la donna si ristabilisce, ma senza essere in grado di esprimersi. Viene così adottata da medici e infermieri dell'ospedale che le portano indumenti, le garantiscono assistenza e, soprattutto, sostegno morale nella solitudine della sua malattia. Per quattro anni nessuno ne denuncia la scomparsa o si presenta in ospedale in cerca di sue notizie. Lei riesce solo a farfugliare un nome, in un dialetto cinese incomprensibile persino all'interprete cui si è rivolto l'ospedale: un nome che assomiglia a Zheng.Qualche mese fa attraverso un cinese venuto a trovarla in ospedale, e che ha lasciato un numero di telefono intestato ad un italiano residente a Bagnolo Piemonte, si riesce a risalire al figlio della donna che abita nel villaggio di Longao, zona rurale e molto povera della Cina. Il figlio scrive una lettera all'ospedale spiegando che vorrebbe trasportare la madre in Cina, ma non ha i soldi per farlo e nemmeno per garantirle l'assistenza continuativa in una struttura adeguata, in Cina tutte a pagamento. I Comuni di Pieve e di San Giacomo non hanno voluto iscriverla alla loro anagrafe perché, una volta dimessa, si dovrebbero sobbarcare le spese di assistenza, con tutti gli arretrati (e sono decine di migliaia di euro). E allora a Zheng finora ha pensato l'ospedale di Pieve, che fa capo all'Azienda Carlo Poma di Mantova. "Lo abbiamo fatto attraverso varie deroghe - dicono ora i responsabili - Ma non potremo farlo in eterno".
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